Coppa Davis: un'emozionante conclusione tra lacrime e paure




In calce all'editoriale firmato da Ubaldo Scanagatta che parla dell'ultima finale di Coppa Davis in formato tradizionale, di scena questo fine settimana a Lille, ho scritto un commento che ripropongo qui, in quanto sintetizza il mio pensiero sull'imminente cambiamento della più antica competizione a squadre del tennis.




Mi fa piacere che la Davis storica si chiuda con un bello scontro, caldo quanto basta e in una cornice di sicuro impatto, anche se Lille non è certo una "capitale del mondo".
Mi fa anche piacere leggere questa "difesa" di Haggerty che a mio avviso ha come colpa più grande quella di aver preso il toro per le corna ed aver finalmente provato a fare qualcosa per la Coppa Davis. Ha trovato qualcuno che ha promesso (vedremo se manterrá) una montagna di soldi per fare della Davis ció che la maggior parte dei top players voleva, ovvero una manifestazione di durata contenuta e con scadenze e dettagli logistici noti con largo anticipo, in modo da poterli incorporare nel calendario della stagione con la dovuta cura.
I modi non sono stati trasparenti, bisogna dirlo, la faccenda delle "wild card" falsa un po' il meccanismo della competizione, e soprattutto la data è improponibile. Ma questo lui aveva, nessuno gli ha dato nulla, sì è dovuto arrangiare con quello che c'era in casa.
Purtroppo però la data rischia di ammazzare il malato ancora prima che la cura possa iniziare a fare effetto. È naturale che Haggerty si professi ottimista sulla possibilità di trovare un accordo che unifichi Davis Cup e ATP Cup: le carte migliori al momento ce le ha in mano l'ATP, con la settimana migliore ed il controllo sul calendario. Il buon Dave deve stringere i denti e sperare che le prime edizioni gli diano un qualche asso da giocare al tavolo delle trattative.
La situazione non è ideale per nessuno, ma i radicalisti della Davis, piuttosto che prendersela con Haggerty, farebbero meglio a prendersela con chi non ha fatto nulla per decenni lasciando che il male di cui soffriva e soffre la Davis (l'indifferenza del grande pubblico) dilaniasse il paziente fino quasi al punto di morte, rendendo necessaria la terapia d'urto "Kosmos". L'ex presidente ITF Francesco Ricci Bitti si è reso conto subito che l'affare Davis era politicamente radioattivo e poteva troncare una carriera, per cui si è ben guardato dall'agitare quel vespaio. Con il risultato che il paziente è peggiorato ed il successore di Ricci Bitti ha dovuto iniziare con i farmaci pesanti sin da subito, attirandosi addosso tutte le critiche e gli anatemi.
C'é quindi da sperare che Haggerty abbia ragione e si arrivi presto ad un ragionevole compromesso, perché se una cosa è sicura è che la Davis che abbiamo conosciuto, amato e odiato finora morirà tra non molto a Lille. Anche in caso di disastro economico della Davis/Kosmos, non è pensabile che si possa tornare indietro: troppo complicato logisticamente e legalmente rimettere in piedi tutto in proprio dopo che la ITF ha deciso di esternalizzare questa competizione. Bisogna avere il coraggio di dimenticare il passato e lavorare sul presente per un futuro migliore.

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